In vista dell’edizione del 2024, colgo l’occasione per raccontarvi dal mio punto di vista la 55° edizione di Vinitaly, tenutasi a Verona dal 2 al 5 aprile 2023.
Vinitaly da più di mezzo secolo è un’istituzione nel mondo del vino e vanta tra i suoi partecipanti le migliori realtà italiane, alle quali offre la possibilità di organizzare importanti incontri B2B nazionali ed internazionali (pensate che 1 su 3 buyer sono stati esteri!). L’edizione dello scorso anno ha, infatti, visto la partecipazione di più di 1000 buyer di vino italiano esteri, provenienti da 68 paesi accreditati, registrando un incremento notevole rispetto all’anno precedente.
La fiera ha aperto le sue porte a più di 93000 persone, di cui un terzo stranieri provenienti da tutto il mondo. Lato espositori altro numero impressionante: erano in 4000, provenienti da 30 nazioni! Escludendo l’Italia, la maggior parte degli espositori proveniva dagli USA, dalla Germania e dal Regno Unito. Importante anche la partecipazione della Cina, dopo le chiusure causate dal Covid.
Ma passando a me, cosa ho fatto in questa edizione del Vinitaly?
Nella 55° edizione del Vinitaly siamo voluti tornare alle origini: le doti del comunicatore messe al servizio delle tante aziende coinvolte nella manifestazione.
Perché lo chiamo ritorno alle origini? Perché nel mondo del vino, l’impressione generale è che si stia perdendo di vista chi sia il vero protagonista. Per questo motivo abbiamo deciso di far tornare sotto i riflettori il vino, unico e solo attore di cui si debba parlare. Come abbiamo deciso di farlo? Concentrandoci su chi il vino lo produce!
Abbiamo messo al centro delle nostre giornate le testimonianze delle persone che queste cantine, più o meno grandi che siano, le vivono quotidianamente: chi meglio di loro può raccontarci la storia dietro ogni bottiglia?
Siamo partiti dalla Toscana, dove, in provincia di Prato e più precisamente nel paese di Carmignano, sorge in circa 700 ettari di terreno una delle più belle ville medicee toscane, riconosciuta patrimonio dell’Unesco, ovvero la Tenuta di Artimino. Ci siamo uniti ad Annabella Pascale, a cui attualmente è affidata la direzione dell’azienda, acquistata da suo nonno, Giuseppe Olmo, di cui forse ricordate le famose biciclette…
Con la nostra prima visita volevamo raccontare e dare valore alla storia di questa DOCG, ufficializzata negli anni ’70 e che ad oggi conta soli 11 produttori. Già il disciplinare vuole mettere in luce la storia di questo territorio, non concentrandosi sulle percentuali dei vitigni utilizzati, ma sul disegno complessivo. A supporto del desiderio di questa cantina di far conoscere il territorio in cui si trova, sono presenti un albergo e addirittura il museo Etrusco, in modo da permettere a chiunque lo desideri un’esperienza immersiva.
Ovviamente troviamo il Sangiovese, intramontabile protagonista della zona, che in questo caso, però, vediamo affiancato al Cabernet Sauvignon, ancor prima della nascita dei Supertuscan. Questi vitigni crescono su suoli differenti, dalle arenarie ai suoli calcari marnosi, dando vita a vini di incredibile complessità e struttura, senza che perdano bevibilità e longevità.
Il Grumarello – Carmignano Riserva 2017 è il vino che meglio ci racconta la strada che la Tenuta di Artimino vuole percorrere: 60% Sangiovese, 20% Cabernet Sauvignon e 20% Merlot, bottiglia da bere, anzi, da sorseggiare, ammirando la vista dalla splendida villa in Tenuta, a soli 20 km da Firenze.
La nostra seconda tappa ci ha trattenuti in Toscana, ma spostandoci in provincia di Lucca, dove abbiamo incontrato Saverio Petrilli, dell’azienda Malgiacca. La storia di questa cantina affonda le sue radici nel valore dell’amicizia e nella collaborazione: in quelle terre tutti si danno una mano a vicenda, cosa difficile in generale in Italia, figuriamoci in Toscana! Con questi bei presupposti è nata la Lucca Biodinamica.
Noi amanti del vino ne conosciamo il potere aggregativo, aspetto individuato anche da Saverio, per cui il vino ci consente di viaggiare nel tempo e nello spazio, valorizzando i rapporti sociali e portando con sé un livello culturalmente elevato. Questo pensiero si può riassumere nella frase del produttore “se ti siedi ad un tavolo con uno sconosciuto prima del secondo bicchiere inizierai a parlargli”.
Parlando di biodinamica, l’intento dell’azienda è quello di comunicare il territorio in modo genuino al consumatore. I vini “naturali” di Saverio si chiamano Rosso e Bianco, perché, lo cito testualmente, “bianco e rosso per me sono solo i colori del vino”. Il lavoro più importante viene eseguito in vigna, con l’intento di portare in cantina le migliori uve che possano manifestare il terroir. Il Bianco, un blend di varietà locali a bacca bianca, “perché a Lucca si è sempre usato unire le varietà presenti”, deve esprimere allegria e piacevolezza di beva. Il Rosso, a prevalenza Sangiovese, invece deve esprimere tutta la profondità di cui il territorio è capace.
Con l’ultima tappa del percorso, ci siamo spostati in Oltrepò, da Conte Vistarino. In questa zona, nel 1850, il Conte Augusto Giorgi di Vistarino piantò per primo una barbatella di Pinot Nero, esportata dalla Francia, dando così i natali a La Casa del Pinot Nero.
Da quello storico momento la cantina ha sperimentato un successo nella produzione di spumanti davvero significativo. Alla fine degli anni ’70, dopo un periodo con poche luci, Ottavia Vistarino ha preso le redini dell’azienda e dei suoi quasi 800 ettari. Insomma, una storia sulle spalle di un certo peso, quella di questa cantina, che Ottavia riesce a gestire ed elevare ai massimi livelli.
Come si raggiungono questi traguardi? Valorizzazione del territorio, zonazione, procedure, enoturismo, ma questa è solo una parte. L’intuizione di Ottavia che ha fatto la differenza è stata comprendere l’unicità del cru di Rocca de’ Giorgi; le zone sono state parcelizzate ed è stata introdotta la vinificazione in rosso, ricercando sempre quella freschezza di beva che contraddistingue i vini dell’azienda, facendo risuonare la parola bevibilità.
Parlando del vino, viaggiamo dai cru di Pinot Nero, Tavernetto, Bertone e Pernice fino agli spumanti Metodo Classico, insieme al Saignée della Rocca, rosé metodo classico. Una menzione particolare la merita anche Ries, il Riesling, altro protagonista di questa realtà.
Conte Vistarino è stato apripista per l’enoturismo in Oltrepò, grazie alla ristrutturazione della cantina, ultimata nel 2017, che ha permesso di aprire le strutture 7 giorni su 7 agli appassionati e ad una nicchia di bevitori attenti, proponendo diverse experience, come l’utilizzo di E-Bike per immergersi nel verde a poco meno di un’ora da Milano.
Come dicevo in apertura, l’intento della mia partecipazione alla 55° edizione di Vinitaly era quello di riportare il racconto di realtà in grado di coinvolgermi e di farmi conoscere e apprezzare le caratteristiche del loro territorio: ecco perché ho scelto di menzionare queste tre cantine, capaci a mio avviso di esaltare l’unicità delle loro zone. Cosa succederà in futuro? Appuntamento a Vinitaly 2024.
Ringraziamenti:
- Nello Gatti, l’Ambasciatore
- Antonio Nardone, Fotografia