Travaglini Gattinara, un racconto dall’Alto Piemonte

Come promesso nel primo articolo dedicato all’edizione di Vinitaly di quest’anno, ho alcune chicche da raccontarvi.

Durante la manifestazione ho avuto modo di approfondire la conoscenza con la cantina Travaglini Gattinara, in particolare attraverso l’intervista fatta a Massimo Collauto Travaglini, proprietario ed enologo dell’azienda. Parliamo di una realtà nata negli anni ’20, portata avanti ormai dalla IV e V generazione di eredi, coi quali ho avuto il piacere di parlare e ovviamente degustare i loro vini.

Ci troviamo a Gattinara, paese che dà il nome al territorio circostante, dal quale nasce la denominazione DOCG; ma partiamo dalle basi: perché questo territorio si differenzia dagli altri? Massimo mi ha raccontato che innanzitutto si tratta di un territorio ricco di storia: 190 milioni di anni fa un vulcano, durante la sua ultima eruzione, ha causato un cataclisma che ha distribuito roccia vulcanica in un raggio di circa 80km, rendendo questo terreno in Alto Piemonte, un terreno vulcanico, ricchissimo di minerali. 

Su questi terreni cresce un nebbiolo unico nel suo genere, con un’importante storia alle spalle, testimoniata da reperti che ci riportano fino ai primi anni dopo la nascita di Cristo. Pare, infatti, che già nel 79 d.C. si fosse sviluppato un vitigno capace di adattarsi perfettamente al particolare terroir di questa zona.

Oltre alla tipologia di terreno, gioca un ruolo fondamentale il microclima che caratterizza Gattinara: su questi appezzamenti troviamo, infatti, una buona escursione termica e un’ottima ventilazione, pur rimanendo protetti dai venti freddi, grazie all’abbraccio del Monte Rosa, seconda montagna più alta d’Europa.

Questa combinazione di fattori, porta alla realizzazione di un nebbiolo, che vanta delle sfumature uniche: in bocca ritroviamo tutte le espressioni tipiche del territorio -freschezza, acidità e mineralità- unite tra loro in un vino che risulta complesso e strutturato, senza, però, perdere la sua ottima bevibilità.

Quando si parla di Travaglini Gattinara, c’è, però, un elemento che caratterizza l’azienda fin dal primo impatto: la forma unica delle loro bottiglie. Questo design unico, ideato nel 1958 da Giancarlo Travaglini, è ormai diventato iconico. Dato che ci sono molte leggende che ruotano attorno a questo discorso, ero sinceramente curioso di capire il motivo di questa scelta. Massimo mi ha spiegato che tutto nasce dalla voglia di Giancarlo di distinguersi con una bottiglia che avesse anche un’utilità. Oggi, quando la vediamo sugli scaffali, è una sorta di marchio dell’azienda, riconoscibile ad un solo sguardo, ma questa bottiglia è principalmente stata inventata per ovviare al problema delle sedimentazioni, decantando il vino. Le particolari forme sinuose che la caratterizzano, permettono la mescita sia a persone destrorse che mancine, tenendo la parte “panciuta” verso il basso. Mentre il vino viene versato, l’aria che entra è rallentata nel suo ingresso dal leggero avvallamento sulla parte posteriore, per impedire che metta in circolo il sedimento; questo residuo viene poi accompagnato all’uscita, ma rimane fermo nella conca anteriore. Nel calice non ritroveremo quindi parti solide, contrariamente a quanto spesso cosa capita quando si degustano vini invecchiati. Considerando nello specifico i vini di Travaglini, i cui Gattinara base, se ben conservati, arrivano tranquillamente a vent’anni e le cui selezioni Riserva e Tre Vigne addirittura a 30/35, possiamo dire che l’invecchiamento sia una tematica di rilievo per l’azienda.

Di cose da dire su questa realtà ce ne sarebbero ancora tante, ma forse vale la pena far parlare i vini per se stessi. Non posso che consigliarvi di andare a trovare la famiglia Travaglini in cantina, per vedere coi vostri occhi il territorio unico di Gattinara e provare il loro Nebbiolo.